C’era una volta Fiorucci: un negozio che non era un
negozio, ma una festa, un manifesto, un cortocircuito di epoche |
Una sera d’estate del
1976, a New York, Andy
Warhol entra in un negozio che sembra un club. Alle
pareti poster color neon, sui tavoli gadget e jeans che brillano come
fossero appena usciti dall’acqua, al centro i ragazzi che ballano e Keith Haring che disegna con i suoi tratti rapidi, come se fosse a casa.
Non è una discoteca, è
il negozio Fiorucci.
Elio
Fiorucci aveva trasformato un punto vendita in un’esperienza: bazar pop, casbah visionaria,
un luogo in cui moda, arte e musica si confondevano senza confini. Fin
dagli anni Sessanta, tornato da Londra con i colori di Carnaby Street
negli occhi, aveva aperto a Milano il suo primo concept store,
definito “la discoteca diurna”. |
Lo store era un laboratorio ribelle che intercettava i desideri di una generazione fatta di ragazzi che non
volevano più vestirsi come i loro genitori.
A quell’energia
Fiorucci rispose reinventando il capo più umile: il jeans. Non più abito da
lavoro, ma pelle
sensuale, resa aderente dalla Lycra e lucida come se fosse
bagnata. Un gesto che aprì la strada alla mania dei jeans firmati degli
anni Ottanta e che seppe trasformare la moda in un territorio di
libertà ed eros.
ma
la vera rivoluzione fu nella comunicazione. Fiorucci
non raccontava la moda con toni patinati e istituzionali: usava un
linguaggio pop, ironico, spiazzante. I suoi poster mescolavano pin-up,
cowgirl da rodeo, colori fluorescenti e animalier. |
Il logo con i due
angioletti diventava emblema pop. Persino le shopping bag (esposte nella mostra Moda e Pubblicità) erano pensate come
opere da incorniciare, mentre le figurine e i gadget alimentavano un
immaginario collettivo che superava la moda stessa.
Con Oliviero Toscani le campagne divennero gioco e provocazione, ipersature di colore,
sempre lontane dalla retorica. Era la propaganda nel senso migliore: un
modo per imporre un’estetica di libertà e leggerezza che coniugava
kitsch western, sexy kitten e tradizione italiana.
Fiorucci non è stato un
semplice marchio. È stato un fenomeno culturale, esplosivo e senza
scuse, che ha ridefinito la moda come linguaggio.
Un
lampo che ancora oggi illumina l’immaginario. |
La grande mostra MODA E PUBBLICITÀ alla Fondazione Magnani-Rocca è dedicata anche a Fiorucci.
E ad Armani, Benetton, Dolce & Gabbana, Ferragamo, Gucci, Max Mara,
Moschino, Valentino, Versace… e l’occhio sensibile di Gian Paolo Barbieri, Giovanni Gastel,
Alfa Castaldi fino alla
provocazione di Oliviero
Toscani e grandi
illustratori come René
Gruau, Erberto Carboni, Franco Grignani, Guido Crepax, Antonio Lopez,
Lora Lamm.
Oltre 300 opere per un
omaggio alla moda italiana: manifesti, fotografie, video, riviste: un
racconto in cui sfilano stilisti, art director, illustratori e
fotografi che hanno definito l’immaginario visivo italiano e
internazionale.
Visite
guidate
Sabato ore 16:00
Domenica e
festivi ore 11:30, 15:30, 16:30
Costo:
guida €5 + biglietto
d’ingresso €15
Prenota ora: prenotazioni@magnanirocca.it |
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NELLA COLLEZIONE PERMENTE |
Tiziano gestisce la propria bottega ed è
bravo a coltivare le relazioni coi potenti. Questo mix irresistibile lo
rende l’artista più richiesto nelle corti europee del Cinquecento. |
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Venezianissimo di
formazione, genio innovatore e abile imprenditore di se stesso. Al
primato del disegno della scuola michelangiolesca, Tiziano risponde che
no, che il disegno è superato, e nella
pittura bisogna partire dal colore per poi definire i
contorni e le forme, senza per questo sacrificare precisione e
attenzione al dettaglio.
Ritrattista eccellente,
dà ai soggetti una lettura psicologica dalla profondità rara, ed è così
che tutti lo vogliono, papi, nobildonne, principi.
La Sacra Conversazione Balbi,
conservata nella collezione permanente della Fondazione Magnani-Rocca,
è considerata un capolavoro assoluto del giovane Tiziano. Nell’opera si
distinguono due coppie: la santa Caterina d’Alessandria accanto alla Vergine
col Bambino da un lato e san Domenico insieme al donatore
dall’altro.
La scena è
caratterizzata dal
forte sentimento di maternità della Vergine,
evidenziato dal suo abito rosso acceso e vitale, mentre tiene il
Bambino sul grembo, il quale a sua volta guarda verso la santa. San
Domenico e il donatore rivolgono alla madre di Cristo uno sguardo pieno
di devozione.
Le figure poggiano su
un rilievo classico, e non possiamo fare a meno di considerarlo come uno statement rinascimentale che rende esplicito il legame tra cultura pagana e cristiana.
Per dirlo con le parole
del critico Roberto Longhi, le opere giovanili di Tiziano hanno “il tepore vivente del marmo
greco e la medesima sensualità sublimata, incolpevole”.
Ascolta il pezzo su Tiziano nel Podcast "La Villa
dei Capolavori" |
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