Perchè indossare “italiano” significava (e
significa ancora) abbracciare un’identità: la capacità di fare arte con la
vita |
L’Italia è rinata due
volte: la prima dalle macerie della guerra, la seconda dalle mani dei
suoi sarti, dei suoi artigiani, dei suoi artisti.
Negli anni in cui il Paese cercava se stesso tra le rovine, la moda e la pubblicità ridiedero forma all’idea di nazione. Ricucirono la dignità, riscrissero
il linguaggio della bellezza, offrirono al mondo una nuova immagine
dell’Italia: luminosa, elegante, capace di sognare.
La
mostra “Moda e Pubblicità in Italia 1950–2000” alla Fondazione Magnani-Rocca racconta questo viaggio: un periodo in cui il filo di un abito, la luce
di un manifesto, la grazia di una fotografia diventarono strumenti di
rinascita morale, economica e culturale. |
La ricostruzione
estetica.
Nel 1945, sulla rivista Bellezza,
un’illustrazione di Riccardo
Magni mostrava una scarpa di Salvatore Ferragamo tra le rovine di Firenze.
Un gesto poetico e potente: quella scarpa era il piede dell’Italia che
tornava a camminare.
Non è un caso che pochi anni dopo, nel 1947, Ferragamo ricevette il
premio Neiman
Marcus, insieme a Christian Dior. Fu il primo
riconoscimento internazionale per un’azienda italiana: il segno che la
creatività del Paese aveva ritrovato la propria voce.
Da
allora la moda non fu più solo industria: diventa linguaggio nazionale,
un modo per raccontarsi e per essere riconosciuti. |
Le sfilate che
cambiarono il destino. Nel 1951, Giovanni Battista Giorgini ebbe un’intuizione che cambiò la storia: radunare a Firenze i migliori
couturier italiani — da Pucci a Simonetta,
da Fabiani alle Sorelle
Fontana — e mostrare al mondo la bellezza italiana come
valore collettivo.
Nacque così il Made
in Italy, un marchio di identità prima ancora che di
moda.
Le sfilate nella Sala
Bianca di Palazzo Pitti sancirono la nascita di uno
stile moderno, elegante e democratico, che guardava a Parigi ma parlava
la lingua di Roma, di Milano, di Napoli.
Il cinema come
vetrina dell’anima. In quegli anni, il cinema e la moda si
specchiarono l’uno nell’altra.
Cinecittà divenne “Hollywood sul Tevere”: le dive italiane — Sophia Loren, Gina
Lollobrigida, Silvana Mangano — trasformarono la
sartoria in mito.
Nel 1953, Vacanze
Romane fece di Roma il simbolo del sogno e della dolcezza,
mentre La Dolce
Vita di Fellini consacrò la moda italiana come teatro
dell’immaginario collettivo.
Ogni
abito, ogni scena, ogni gesto contribuiva a raccontare un’Italia nuova,
vitale, desiderosa di eleganza dopo anni di dolore. |
La pubblicità è
l’arte della modernità. Negli anni del boom
economico, la moda si fece industria, e l’industria imparò a parlare
attraverso le immagini.
Le campagne pubblicitarie di Armando
Testa, come il celebre manifesto per Facis (“Di corsa a indossarlo, è un
abito Facis”, 1954), raccontavano una società che correva
verso la modernità.
Il design grafico, la fotografia e la televisione trasformarono il
lusso in sogno condiviso, portando la bellezza nelle case, nei negozi,
nelle città.
Max Mara,
nata nel dopoguerra, introdusse il concetto di total look: la
donna moderna, indipendente, elegante senza eccessi.
L’abito diventava linguaggio sociale, la moda una forma di democrazia
estetica.
Dalla couture al
mito globale. Negli anni Ottanta e Novanta, il
Made in Italy superò i confini del gusto per diventare un patrimonio culturale.
I marchi italiani conquistarono il mondo, intrecciando artigianalità e
visione internazionale.
Milano divenne capitale creativa, simbolo di un modo di vivere fondato
sull’armonia tra tradizione e innovazione.
Dietro ogni etichetta, un racconto di autenticità, manualità e bellezza pensata per
durare.
Moda e Pubblicità è una mostra che parla di noi :
di come abbiamo imparato a vedere il mondo attraverso la bellezza. Una
mostra che racconta l’anima di un Paese. Alla Villa dei Capolavori,
il percorso espositivo intreccia manifesti,
filmati, fotografie e opere d’arte in un dialogo
continuo tra creatività e storia.
C’è un momento,
guardando un abito o un manifesto, in cui si riconosce l’Italia intera:
la mano che crea, l’occhio che sogna, il cuore che resiste. È questo il
segreto del Made in Italy: trasformare
la bellezza in memoria collettiva. E scoprire, ancora
una volta, che la moda non è solo apparenza, è cultura.
Informazioni
📍 Fondazione
Magnani-Rocca – Villa dei Capolavori
Mamiano di Traversetolo (Parma)
📅 Dal 13 settembre al 14 dicembre 2025
🕰️ Aperta dal martedì al venerdi ore 10.00–18.00
🕰️ Aperta dal sabato alla domenica ore 10.00–19.00
🎟️ Biglietto unico mostra + collezione permanente + parco
storico
🌐 magnanirocca.it
Visite
guidate
Sabato ore 16:00
Domenica e
festivi ore 11:30, 15:30, 16:30
Costo:
guida €5 + biglietto
d’ingresso €15
Prenota qui: prenotazioni@magnanirocca.it |
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L’esperienza della mostra “Moda e Pubblicità in Italia
1950-2000” continua tra le
pagine del catalogo ufficiale edito da Dario Cimorelli Editore |
Un prezioso volume
illustrato che celebra il legame affascinante tra la moda italiana e il
mondo della comunicazione visiva, con oltre 500 immagini a colori che raccontano mezzo secolo di creatività, stile e innovazione.
Dai
grandi marchi Armani,
Valentino, Fiorucci, Versace, Gucci, Ferragamo, Max Mara, Pucci, Dolce
& Gabbana, Coveri, Zegna, Moschino, Benetton, agli
scatti di Oliviero
Toscani, Ugo Mulas, Giovanni Gastel, Alfa Castaldi,
fino alle illustrazioni di René
Gruau, Carboni, Crepax, Sepo, Lora Lamm, Antonio Lopez – il volume restituisce la straordinaria varietà di linguaggi che hanno
definito l’identità del Made
in Italy. |
Il catalogo di 256 pagine a
colori, che accompagna la grande mostra presso la Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo, raccoglie saggi di importanti studiosi e
offre un viaggio unico tra arte, costume e comunicazione.
È
disponibile a prezzo
speciale per i visitatori presso il bookshop della
Fondazione Magnani-Rocca.
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