La grande illustrazione di moda! L’eredità della Fashion Illustration nell’Età
d’Oro del Made in Italy |
In questo momento alla
Fondazione Magnani-Rocca le figure sembrano muoversi sulla carta, le
linee raccontano storie di eleganza e ironia: è l’Italia che si
risveglia, si veste, sogna.
In mostra, la
pubblicità diventa poesia visiva, il disegno un gesto d’autore. Moda e Pubblicità in Italia 1950–2000 è
un viaggio dentro l’immaginario del Made in Italy, quando la grande illustrazione di
moda non decorava soltanto, ma inventava mondi –
leggeri, sofisticati, indimenticabili.
Tra
gli anni Cinquanta e Sessanta, in un’Italia che si rialzava dalle
rovine della guerra, la pubblicità non vendeva soltanto abiti:
raccontava stili di vita, eleganza, ironia. |
A interpretare questa
stagione furono autori che portarono l’illustrazione ai confini
dell’arte grafica e del design.
Nel
fervore del boom milanese, Lora
Lamm portò una ventata di grazia svizzera e libertà femminile. Con il suo segno
limpido e giocoso, ridisegnò l’immagine de La Rinascente e di Pirelli,
parlando a una donna nuova – curiosa, autonoma, ironica.
Formata alla scuola di Zurigo, unì disciplina e fantasia, trasformando
la pubblicità in linguaggio elegante e quotidiano. Le sue figure non
vendono: raccontano. |
Erberto Carboni è un esempio di come l’illustrazione pubblicitaria in Italia potesse
diventare progettazione visiva complessa: architetto di formazione,
illustratore e grafico, contribuì a definire l’identità visiva di
grandi aziende come la
Barilla e anche della televisione pubblica (RAI).
La
sua specialità risiede proprio in quel connubio tra progettazione spaziale,
segno grafico e narrazione visiva: non era solo
“disegnare”, ma organizzare visivamente un’idea. Nella mostra, la sua
presenza segnala come l’illustrazione abbia operato su più livelli —
non solo moda, ma immagine nazionale, visione industriale e
comunicazione d’avanguardia. |
Armando
Testa è ricordato come uno dei maestri della grafica
pubblicitaria italiana: tra le sue collaborazioni figurano marchi come Facis, Borsalino, Pirelli, ma
anche Lavazza, Martini & Rossi.
La sua forza stava nel dare all’illustrazione un linguaggio immediato,
ironico e iconico: che fosse un uomo che correva con un abito
sottobraccio o un bulbo grafico per un digestivo, l’immagine diventava
slogan visivo, identità nazionale, sogno collettivo.
Testa racconta una stagione in cui l’immagine divenne mezzo veloce e
riconoscibile di un’Italia
in crescita, divertente e popolare. |
A
Severo Pozzati (in arte Sepo) è
rappresentativo della “cartellonistica” d’avanguardia italiana: con opere
come il manifesto per Lebole (“Thermocappotto”, 1959) trasformò
strumenti del mestiere (il metro da sarto, la pipa) in elementi grafici
poetici.
La sua forza sta nella capacità di astrarre e sintetizzare – prendere
il mondo concreto del completo
maschile e reimmaginarlo come icona visiva, fondata sul
linguaggio del cartellone moderno.
Nel contesto della mostra, è il filo che unisce moda maschile,
sartorialità italiana e creatività grafica. |
René Gruau,
nato in Italia ma attivo soprattutto in Francia, è una leggenda della
fashion illustration: lavorò con i più grandi nomi dell’alta moda, e il
suo stile – linee fluide, colori netti, composizioni teatrali – ha
davvero cambiato la percezione visiva della moda.
Riuscì
a rendere la donna-moda non solo vestita, ma protagonista di un immaginario elegante, sospeso fra sogno e realtà:
un disegno che seduceva e suggeriva, e che ancora oggi appare senza
tempo.
Nella mostra, Gruau introduce la dimensione internazionale e
aspirazionale dello stile italiano, facendo dialogare moda, arte e
pubblicità. |
Con
l’avvento degli anni ’70 e l’esplosione delle culture giovanili e del
prêt-à-porter, l’illustrazione non scompare, ma si contamina con
linguaggi più audaci e contemporanei. Guido Crepax ne fu uno dei
protagonisti: il celebre autore di Valentina prestò il suo tratto elegante e sensuale all’azienda tessile Rhodiatoce per
il marchio Terital,
con manifesti come Terry
vuole Terital (c. 1970), e collaborò con FIAT, Pirelli e Vogue Italia,
reinterpretando la moda come racconto di libertà e desiderio.
In mostra, la sua opera segna il passaggio verso un’illustrazione più
narrativa, sperimentale e pop — un linguaggio capace di intrecciare
fumetto, erotismo e stile, anticipando la comunicazione visiva di oggi. |
Antonio Lopez fu una figura centrale nel fermento creativo di New York e un
“visionario” nell’interazione tra moda, arte e cultura pop. Le sue
illustrazioni per Missoni, Chloé, Yves Saint
Laurent, Valentino, Versace e Fiorucci incarnano l’energia eclettica degli anni ’70 e ’80. Non era solo un
illustratore, ma un
art director capace di costruire mondi, di fondere glamour
e provocazione, colore e movimento. Nella mostra, le sue opere
restituiscono il momento in cui la moda smette di essere
rappresentazione e diventa performance visiva: un universo vibrante, libero,
sensuale.
Come in una sinfonia,
la stagione dell’illustrazione è il
preludio elegante del Made in Italy: la linea melodica
che prepara l’esplosione orchestrale della fotografia di moda. Senza di
loro – senza quel segno rapido, ironico, narrativo – l’immaginario
dell’eleganza italiana non avrebbe trovato la sua voce.
Alla Fondazione
Magnani-Rocca, tra manifesti, schizzi e bozzetti, rivive l’epoca in cui
un tratto d’inchiostro bastava per raccontare un sogno collettivo:
quello di un’Italia che imparava a essere bella.
La grande mostra
MODA E PUBBLICITÀ alla Fondazione Magnani-Rocca è dedicata anche alle icone della moda. Oltre
300 opere per un omaggio alla moda italiana: manifesti, fotografie,
video, riviste: un racconto in cui sfilano stilisti, art director,
illustratori e fotografi che hanno definito l’immaginario visivo
italiano e internazionale.
Informazioni
📍 Fondazione
Magnani-Rocca – Villa dei Capolavori
Mamiano di Traversetolo (Parma)
📅 Dal 13 settembre al 14 dicembre 2025
🕰️ Aperta dal martedì al venerdi ore 10.00–18.00
🕰️ Aperta dal sabato alla domenica ore 10.00–19.00
🎟️ Biglietto unico mostra + collezione permanente + parco
storico
🌐 magnanirocca.it
Visite
guidate
Sabato ore 16:00
Domenica ore 11:30, 15:30, 16:30
Costo:
guida €5 + biglietto
d’ingresso €15
Prenota qui: prenotazioni@magnanirocca.it |
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Cézanne. Esquisse
de baigneuses |
All’inizio del
Novecento, per gli artisti, Parigi è il centro del mondo. Ma ci sono
anche pittori come Paul Cézanne che, dopo aver frequentato la vita
sfavillante della “Ville lumière”, scelgono la tranquilla provincia.
Proprio come Paul Cézanne che torna felicemente alla sua amata Aix en
Provence, dove morirà nel 1906.
Dirà “Vivo nella città
della mia infanzia […] rivedo il passato nello sguardo delle persone
della mia età. Amo […] l’aspetto della gente che è invecchiata […]
lasciandosi andare alle leggi del tempo”.
Però non è certo un
autore dalla vita provinciale: incrocia le esistenze di altri
personaggi rivoluzionari. Conosce Emile Zola, scrittore e giornalista,
alle scuole medie, nel 1852.
A distanza di anni i
due si riavvicinano. La fine della guerra franco-prussiana tra il 1870
e il 71, che aveva sparpagliato giovani francesi lontano dalla
madrepatria, porta Cézanne nell’orbita degli impressionisti. Zola,
dalle pagine dei giornali, sostiene questa corrente, in quanto amico e
critico d’arte.
Con gli impressionisti,
è una condivisione di speranze, di strada, di bar e di mostre, ma lo
stile tutto improntato alla luce del gruppo non si accorda con la sua
vena pittorica.
In effetti lo si può
notare anche in questo schizzo tardo, Esquisse de baigneuses, dipinto
tra il 1900 e il 1906.
Già il tema è fuori dal
seminato impressionista. Non ci sono pomeriggi frivoli e affollati al
Moulin de la Galette, ma incontri fondamentali ed eterni come quello
tra l’essere umano e la natura. Per la verità è dagli anni Novanta che
Cézanne guarda i bagnanti e le bagnanti. Sogna di poter dipingerne una
folla nuda, sciolta tra alberi e specchi d’acqua. L’opera Baigneurs, il
capolavoro di questa serie è del 1890, ma la sua realizzazione non
spegne l’interesse, come dimostra il bozzetto conservato nella
collezione Magnani.
Questi corpi non vengono
guardati con attenzione morbosa, né in essi ricerca il realismo. Sono
strutture, colonne portanti del paesaggio. Forme. Cézanne stesso,
parlando con Emile Bernard, lo rivela in forma di consiglio “Trattare
la natura secondo il cilindro, la sfera, il cono, il tutto posto in
prospettiva […] per noi uomini, la natura è più in profondità che in
superficie”.
Terminerà
la sua vita nella città natale dipingendo la montagna Sainte-Victoire,
riposandosi dopo
aver aperto la strada alle forme e alle loro conseguenze: il cubismo. Ma questa è un’altra storia |
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