Molte possono essere le ragioni per inerpicarsi lungo le tortuose e solitarie strade appenniniche.
Non vogliamo parlare degli eccelsi e rinomati “sapori parmensi”, ma di un borgo incastonato tra i castagni della val Munabiola.
Corchia: piccolo borgo a struttura quadrangolare che con i viottoli scavalcati da archi, le logge, i balconi, i portici quasi esclusivamente in pietra conserva un’atmosfera che ti proietta nel più profondo medioevo.
La chiesa, dedicata a San Martino, attualmente non più ad uso religioso, presenta una inusuale facciata con un campanile sostenuto da un arco aggettante sulla strada principale. |
Un po’ di storia:
Forse tra i primi insediamenti un ostello risalente al XII secolo, la via franchigena passa nelle vicinanze.
La storia più recente è legata allo sfruttamento delle miniere in cui si pensava e sperava che fosse presente l’oro, illusione durata siano a metà del XVI con i Farnese.
Ma oro non era se non il cosiddetto “oro degli stolti” ossia pirite, minerale di ferro.
Nel 1865 iniziò lo sfruttamento delle miniere di rame, durato sino al 1942, le gallerie minerarie sono ancora visibili nelle vicinanze, sulle pendici del monte Maggio.
Un minimo appunto:
finanziata dagli emigrati in America e Francia, al margine del paese è stata costruita una nuova chiesa.
Forse varrebbe la pena restaurare la vecchia chiesa di San Martino, che, da quanto si riesce ad intravedere, avrebbe tutt’altro significato e spessore storico ed architettonico. |